Non mi riferisco alla Basilica di Sant’Ambrogio, ma al quartiere Sant’Ambrogio I e II nella periferia sud di Milano. La prima volta arrivai lì per caso; avevo raggiunto la ragazza a cui davo lezioni di tedesco proprio nel suo quartiere e ne sono rimasta affascinata, soprattutto dalla chiesa brutalista e dall’estetica del complesso residenziale. Ho deciso così di saperne di più sulla sua storia e sull’architetto che lo ha progettato. Ho scoperto storie pazzesche!
In questo articolo scoprirai la ricchezza che nasconde il quartiere Sant’Ambrogio I e II, qualcosa sulla sua storia e sull’estetica degli edifici + 2 opere architettoniche da non perdere.
Dove si trova
Il quartiere Sant’Ambrogio si trova a sud della città tra i quartieri Barona, Morivione e Binda e a nord del Parco Agricolo Sud. I collegamenti sono ottimi grazie alla fermata Famagosta (Metro 2). Inoltre, ci si può arrivare anche con le linee autobus 71, 74 e 98.
Sviluppo del quartiere
Sono tornata a Sant’Ambrogio principalmente per vedere la Chiesa di San Giovanni Bono ma, dato che era di strada, ho cercato una buona visuale del Deposito Metro Famagosta e sono passata per il Collegio di Milano, di cui parlerò più avanti in questo articolo. Ho quindi percorso l’Alzaia Naviglio Grande fino al Parco Cascina Caimera. Come si può notare dalla mappa e dalla toponomastica, il verde della zona, i nomi delle vie e dei parchi riprendono un passato prevalentemente agricolo, comune a diversi quartieri di Milano sud. Sono partita da qui per poi scoprire incredibili storie del passato.
Un bosco sacro di querce
Non trovavo informazioni sul passato agricolo di Sant’Ambrogio finché non ho cercato sulla mappa dei riferimenti utili. La Cascina Monterobbio ci racconta ciò che esisteva prima della fermata della metro, dell’ospedale e del quartiere, le cui funzioni agricole sono rimaste attive fino agli anni ’50. Questo edificio, di proprietà del Comune e in condizioni di degrado e abbandono, nasconde almeno 3 storie incredibili legate al luogo in cui risiede, alla sua forma e alle persone che ha ospitato nel tempo.
Gli affreschi di Hayez
La cascina potrebbe essere più antica del XV secolo, al tempo un convento agostiniano. Nel 1500 le Monache di Fonteggio, già proprietarie del fondo agricolo della Chiesa Rossa, ricevono in dono la cascina, che venne collegata alla chiesa tramite un sottopassaggio, ora murato. La cascina ospitò diverse famiglie nobili e personaggi storici, tra cui Napoleone Bonaparte, il segretario di Alessandro Manzoni e Francesco Hayez. Fu proprio Manzoni a suggerire al segretario di incaricare Hayez nella decorazione dei soffitti della cascina. Il risultato però non gli piacque, decidendo quindi di coprire gli affreschi con della calce.
Quando Milano era popolata dai Celti
Sembra che il territorio della cascina includesse un bosco sacro di querce (il nome Monterobbio infatti deriva da Mons Robur, cioè Monte Quercia) esteso fino a Santa Maria di Chiesa Rossa. La tradizione ci racconta che questo bosco sacro a Venere e Mercurio era teatro di sacrifici rituali pagani sin dall’epoca dei Celti.
Una cascina a due corti
La forma dell’edificio è un raro esempio di complesso rurale organizzato su due corti con funzioni diverse: abitativa e produttiva. Grazie alle sue caratteristiche architettoniche e all’unicità della planimetria, la cascina è stata dichiarata di interesse storico-artistico nel 2013. Un libro dedicato alla Barona, citato alla fine dell’articolo, spiega ciò che al momento non è possibile vedere: la facciata occidentale è decorata con motivi a fresco e le stanze interne sono affrescate con scene di lavoro agreste e motivi che richiamano il bosco e la caccia. Degni di nota sono anche i balconcini barocchi settecenteschi in ferro battuto. Sul primo cortile si affacciano tre corpi abitativi, le stalle e i fienili davano sul secondo.
Nonostante l’importanza storico-artistica dell’edificio, come ben sottolineato dal Comune di Milano in questo documento, e la presenza delle opere di Hayez, la cascina vive tuttora nell’abbandono.
Gli anni ’60 e Arrigo Arrighetti
Il quartiere, composto da Sant’Ambrogio I (1964-65, di proprietà comunale) e Sant’Ambrogio II (1971-72, di ALER), è stato costruito in seguito all’attuazione di un Piano di Edilizia Economica Popolare del 1963 e realizzato dall’architetto urbanista Arrigo Arrighetti.
In un periodo in cui la priorità era la realizzazione di alloggi economici, a discapito dei servizi, Arrighetti si distingue per la sua sperimentazione della progettazione di scuole, piscine, centri religiosi, edifici pubblici e privati. Arrighetti ha ideato anche le case minime, ne ho parlato qui. Inoltre, proprio il quartiere Sant’Ambrogio è uno dei rari esempi di quartiere periferico autosufficiente, dove i servizi sono considerati imprescindibili e posti al centro, al fine di promuovere l’integrazione sociale tra i residenti. Al tempo era considerata un’idea innovativa, che si contrappone al quartiere dormitorio.
Un quartiere brutalista a Milano
Il quartiere si nota subito sulla mappa per la sua forma sinuosa, data dai 4 edifici che racchiudono un’ampia zona verde. Proprio al centro del quartiere Arrighetti pone i servizi, quali la scuola, l’asilo, la biblioteca, il mercato comunale, diversi negozi e la magnifica Chiesa di San Giovanni Bono.
La Chiesa spicca per la sua forma piramidale, realizzata in cemento grezzo a vista, e per la sua copertura, una tensostruttura coperta da lastre prefabbricate rinforzate. La sua unicità si trova proprio nella forma, che richiama una tenda, simbolo di incontro e accoglienza. L’altissima facciata triangolare, traforata da piccole finestrelle di vetrocemento colorato, fa subito pensare alle chiese gotiche. Infine, una vasca romboidale esterna anticipa la bellissima facciata che si specchia sull’acqua.
L’interno della chiesa raccoglie 3 spazi che portano all’aula liturgica con l’altare, anch’esso disegnato da Arrighetti, e a due cappelle laterali. La luce è data da due fasce colorate, oltre che dalle finestrelle presenti sulla facciata, e da due aperture laterali.
Il complesso residenziale di 7 piani si eleva su un porticato continuo che permette il passaggio delle persone da tutti i lati. Gli affacci sono diversi in base alla funzione: verso l’esterno o la strada si trovano gli ambienti di servizio, mentre l’affaccio interno o verso l’area verde è stato destinato alle camere. Anche l’estetica è differente: se l’esterno è caratterizzato da balconi aggettanti e da una chiara monotonia, l’interno è un incredibile gioco di luci e ombre, di vuoti e di pieni. Puoi vedere dalla foto come il risultato estetico sia davvero gradevole, grazie ai contrasti dati dall’alternanza di logge e aperture e del mattone all’intonaco bianco.
Affaccio esterno Servizi di quartiere Affaccio interno
Cos’altro c’è da vedere
Ci sono altre 2 strutture che meritano più di uno sguardo:
- Collegio di Milano di Marco Zanuso
- Deposito ATM Famagosta di Ludovico Magistretti
Collegio di Milano
Il Collegio di Milano nasce come Centro per l’Assistenza Finanziaria dei Paesi Africani negli anni ’70 su progetto dell’architetto Marco Zanuso. La scelta del luogo è motivata dal suo paesaggio, ancora rurale e non ancora conurbato nell’area metropolitana. La struttura mi riporta al mio primo approccio con l’architettura del novecento, quando ho scoperto lo stile Praierie di Wright e il brutalismo di Stirling, sia per la forma dell’edificio che per il materiale scelto. Inoltre, ho notato che spesso a Milano sud è stato utilizzato il mattone, in riferimento al passato agricolo dell’area (vedi anche le insulae del quartiere Harar).
La struttura si compone di un corpo centrale e due bracci laterali, prendendo la forma di una forcella che si apre sul grande parco di più di ventimila metri quadri. I servizi comuni, quali portineria, hall e auditorium, si trovano nell’ampia parte centrale sviluppata in doppia altezza; le camere per gli studenti si trovano nei due corpi articolati su tre livelli. Nel 2007 lo studio Piuarch ha vinto il concorso per l’ampliamento del campus, aggiungendo altri 53 alloggi, oltre ai 118 già esistenti.
Deposito ATM Famagosta
Arrivando da sud, lungo l’Autostrada dei Giovi, ti sarà capitato di notare l’enorme architettura industriale! Si tratta del Deposito ATM realizzato nei primi 2000 da Ludovico Magistretti. Ho tentato di girarvi tutto attorno per trovare una vista migliore di quella che vedi qui in alto, senza successo. Qui si possono vedere alcune foto esplicative. La struttura si compone di un basamento in cemento armato, lungo oltre 240 metri e alto 7,5 metri, destinata al ricovero dei mezzi, illuminati da una serie di grandi lucernari a shed. Il valore espressivo del progetto è rappresentato proprio dalla presenza dei lucernari, in dialogo con l’opera di Arrighetti e con chi proviene dall’Autostrada. Il mattone ritorna anche in quest’opera, utilizzato nel paramento alla base.
Le opportunità per il quartiere
La ricchezza che contraddistingue il quartiere è innegabile! La cascina, gli affreschi di Hayez e le opere architettoniche realizzate dagli architetti Arrighetti, Zanuso e Magistretti rendono Sant’Ambrogio una meta ideale per scoprire parte della storia di Milano dal Medioevo ai primi 2000.
Chissà se un giorno quella cascina abbandonata possa diventare un catalizzatore di risorse per lo sviluppo del quartiere. Nel 2017 e nel 2019 il Comune ha pubblicato un bando per la concessione dell’immobile, purtroppo senza ricevere offerte. Credo sia un vero peccato che un patrimonio tale non sia ancora stato valorizzato adeguatamente, considerando il buon collegamento con i mezzi, la presenza di varie attrazioni culturali e dei servizi di quartiere. Questi elementi potrebbero fungere da volano per lo sviluppo e l’attrattiva del quartiere, accogliere persone, compresi potenziali residenti, e comunicare nonché a promuovere la storia e l’identità di questa piccola zona di Milano.
Fonti citate nell’articolo:
- Lombardia Beni Culturali
- Ordine Architetti Milano
- Urbanfile
- F. Schiaffonati, A. Majocchi, G. Castaldo, Progettare l’abitare. L’architettura del Collegio di Milano.
- S. Tosi, Da Milano alla Barona. Storie, luoghi e persone di questa terra.